Un ultimo saluto al Presidente Brazzoduro

Di Rosanna Turcinovich

Guido Brazzoduro non c’è più. Si è spento con quella discrezione che gli era congeniale. Mite ma costante come la goccia che scava la roccia, le sue mete ben disegnate le raggiungeva in punta di piedi ma senza mai demordere.

Gli sono stata a fianco per tanti anni, accompagnando la sua attività di Presidente del Libero Comune di Fiume in Esilio sin da quando nello storico Caffè San Marco di Trieste, insieme a Mario Dassovich, Mario Stalzer e Laura Calci mi consegnò la direzione del giornale La Voce di Fiume…e mi ha lasciato fare. I cambiamenti subentrati nel corso degli anni erano per lui nella natura delle cose, il colore, una carta diversa, un’impaginazione più moderna ma a patto che fosse graduale, senza scossoni “per non irritar i nostri veci”, diceva.

Eppure l’ho visto esultare quando nel 2003 al Quartiere Giuliano-Dalmato di Roma, nella veste di Presidente di FederEsuli ed in stretta collaborazione con Lucio Toth, realizzò il Giorno del Ricordo numero zero, una cerimonia “di prova”. Parteciparono i rappresentanti politici di tutto l’arco costituzionale, assente solo l’estrema destra e l’estrema sinistra. Fu un incontro memorabile e Guido ne era entusiasta, ricordo la sua gioia, lo vidi esultare come non aveva mai fatto. L’anno dopo da quell’accordo trasversale nacque la Legge del Ricordo.

Dopo i suoi numerosi incontri a Roma i comunicati stampa erano frequenti per segnalare un processo di costruzione di rapporti e rete necessari a portare avanti le istanze degli esuli. Con Toth fu protagonista dell’approvazione della Legge sul finanziamento delle Associazioni degli esuli. In tutti i cambiamenti Guido c’è sempre stato, senza clamore.

Era diventato presidente del LCFE negli anni Novanta, con il primo grande rinnovamento dell’associazione dopo la sua fondazione negli anni Sessanta ed ha mantenuto tale carica fino al 2019 con l’elezione a Padenghe di Franco Papetti.

Amava il teatro, la Scala era una seconda casa, non perdeva uno spettacolo. Amava frequentare l’ufficio di Padre Kattunarich a Milano, discutere di Fiume e di Fiumanità ma anche di storia e religione. Amava recarsi a Fiume per gli incontri ufficiali, maggio a Castua per ricordare le vittime della Seconda guerra mondiale, giugno con San Vito, Novembre per Ognissanti e i Morti. Spettatore, arrivava in punta di piedi, senza mai dimenticare di incontrare il Sindaco della città e il Vescovo.

Quando nel 2013 organizzammo in città “Sempre Fiumani” insieme ad Agnese Superina, l’allora presidente della CI, rimase basito dell’azzardo nel chiedere al Sindaco di far partecipare la Fanfara dei Bersaglieri. “I tempi non sono ancora maturi”, commentò ma alla data dell’incontro era felice come non l’avevamo mai visto. E mentre i cappelli piumati attraversavano il Corso nell’applauso corale, si convinse che il cambiamento era profondo e che si poteva iniziare ad osare e lo fece, a suo modo, proponendo nuove mete ed un rinnovamento che temeva ma auspicava per stanchezza, per convinzione, per amore verso Fiume.

Ma il legame più forte era con la sua famiglia, la moglie purtroppo mancata prematuramente, i figli e i nipoti “sono ancora piccoli – raccontava – appena saranno in grado di capire li porterò a Fiume”. Adorava gli zii della moglie, Jolly e Annibale, con i quali mi portò a conoscere Maria Pasquinelli che aveva frequentato la loro casa milanese. Un sodalizio che non venne mai meno neanche durante gli anni della prigionia della Pasquinelli. Guidava come Nuvolari per le strade di Milano, un Guido inedito, grintoso e divertito, s’infilava prima degli altri al semaforo per partire per primo. Ci fece ridere e spaventare, un uomo difficile da capire ma che era facile da considerare. Ci mancherà!

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