Viaggio dentro la città…

di Rosanna Turcinovich


“Fiume, la città dei grandi mutamenti”, come raccontarla a chi la visita per la prima volta. Facciamo un tentativo vestendo i panni del viaggiatore occasionale, a volte distratto, al quale vanno date delle indicazioni chiave, brevi, concise ma in grado di lasciare un segno e, soprattutto, di accendere la curiosità. L'importante è che poi abbia voglia di approfondire, attraverso i libri su Fiume, che ne raccontano la storia, la letteratura e tanto altro.

Iniziamo: vista dalle rive colpisce la somiglianza con Trieste: gli stessi imponenti palazzi delle compagnie d’assicurazione dell’epoca d’oro dei commerci, del porto franco, del controllo dei traffici marittimi, il primo grande albergo. 

Ripenso ancora alle parole di un amico di famiglia: “Fiume ha avuto la sventura di signorie straniere che non si preoccuparono di abbellirla come fece la Serenissima con le cittadine dell'Istria e della Dalmazia. Rinacque spesso dalle proprie ceneri e le costruzioni nuove spazzarono, senza pietà, i segni del passato”.

Certo è molto diversa dalla leggiadrìa delle località istriane, ma c’è un messaggio forte che irradia da questa città, sarà bene andare a scoprire cos’è. 

Voglio partire dalla Torre Civica, che ho visto tante volte sulle cartoline inviate dagli amici ai miei genitori, è un punto fermo, un riferimento concreto, l’ombellico della città.

E’ il monumento più importante, testimonianza della Fiume medievale che, cinta da mura, aveva la sua Torre dell'orologio sulla riva del mare. Tutto il tratto di terraferma del porto è stato costruito più tardi per far posto alle banchine, ai grandi traffici, alla ricchezza di una società in fermento. La Torre è stata inglobata dalla città in espansione, senza mai perdere però la sua centralità e la sua importanza. 

Distrutta dal terremoto la torre venne restaurata grazie al contributo dell'imperatrice Maria Teresa: ecco un nome chiave al quale dovrò ricorrere per capire questa città e il suo sviluppo economico. Con i mezzi devoluti dalla sovrana venne acquistato anche il nuovo orologio che continuò a battere fino alla sua sostituzione avvenuta nel 1873, quando i fiumani decisero di sostituirlo con uno nuovo acquistato all'esposizione mondiale di Vienna.

Solo la parte bassa della torre è antica, ornata dei busti di pietra degli imperatori Leopoldo I e Carlo VI. Sopra i busti, lo stemma di Fiume, donato alla città nel 1659. Sulla sommità era stata issata nel 1906 l'aquila di ferro bicipite alla quale sarà poi mozzata una testa. 


Pillole di storia

Dei tempi romani a Fiume è rimasto l’Arco inglobato tra le case della Cittavecchia. Fu Augusto ad elevarla a civitas e gli abitanti riconoscenti innalzarono nel 70 d.C. “l’Arco romano” in suo onore.

Nulla le resta nemmeno del Medioevo, anche il castello è stato demolito e gli oggetti che ne ricordavano l’esistenza, imballati e trasportati a Budapest. Eppure, passeggiando per le vie e le viuzze del centro, si riesce a cogliere il movimento, il susseguirsi di vicende e destini che hanno caratterizzato la storia di questa città.

Decaduta Roma, Tarsatica divide la sorte della limitrofa provincia, passa al dominio dell’Impero orientale, ai Longobardi, ai Franchi, senza che la cronaca se ne occupi. A dire il vero il suo nome è legato ad un fatto di sangue: l’uccisione del duca Erico a tradimento, dai Liburni l’anno 800 nel castello di Tarsatica che Carlo Magno, per vendetta, farà radere al suolo.

Nel 1208 fa parte del Patriarcato di Aquileia e passa poi ai vescovi di Pola e poi ancora ai conti di Duino. Nel 1366 i Duinati, che s’erano dichiarati vassalli dei principi d’Asburgo, vanno in aiuto del loro signore in guerra con Venezia. La vittoria arride ai Veneziani che, per vendetta, piombano, su Trieste prima e Fiume poi, ponendola a sacco e dandola alle fiamme. Ecco che la storia delle due città, poste a guardia dei golfi che chiudono l’Istria, continua ad incrociarsi.

Fiume passa ai Francopani, poi ai Walsee.

Nuove scoperte

Ad ogni nuovo scavo emergono reperti della storia romana della città.

La città vista da Tersatto

Alla vicenda dei Francopani, principi di Veglia è legata la vicenda del Castello di Tersatto che domina la città.

 

Il colle di 138 metri si raggiunge oltre che seguendo la strada asfaltata, che si sviluppa a serpentina, anche lungo la scalinata che sale subito dopo il ponte sulla Fiumara. Io scelgo la seconda via. Mi hanno detto che il panorama che s’apre gradatamente è una festa per gli occhi. Lungo la scalinata sono sorte, nel tempo, cappellette di diversa fattura dedicate ai vari santi. Il numero degli scalini, è mutato con i secoli: nel 1600 ce n’erano 118, nel 1920 se ne contavano 425 ma nel 1930 erano già diventati 561. Molti li salivano in ginocchio e non mancavano le tracce di sangue lasciate dai pellegrini.

Tersatto appartenne ai conti di Veglia, Francopani, che per la loro presenza in questo sito erano sudditi della corona ungarica. Nel 1487 Tersatto venne occupata dagli imperiali e nel 1508 dai veneziani. Nel 1527 fu per breve tempo occupata dai Turchi. Per i patti ereditari reciproci, Tersatto passò ai conti Zrinyi. Il castello venne acquistato nel 1826 dal maresciallo conte Nugent che vi stabilì le tombe della propria famiglia.

Accanto a questa storia civile, Tersatto ne ha un’altra religiosa, che certo contribuì a renderla celebre. Narra infatti la leggenda che nel 1291 gli angeli vi portarono oltre il mare la Santa Casa di Nazareth, che dopo essere rimasta a Tersatto per tre anni, nel medesimo modo si trasferì a Loreto. Il papa Urbano V, spedì, al posto della casetta, un dipinto con l’immagine della Madonna con Gesù, che la tradizione vuole dipinto dall’apostolo San Luca. Al dipinto i credenti attribuirono un potere straordinario. Tersatto divenne un luogo di culto dove arrivavano, in pellegrinaggio, le genti di tutto il circondario.

La chiesa, come la vediamo oggi, è del 1824 quando vennero fatti gli ultimi interventi ma rimane testimonianza anche di quanto gli artisti realizzarono nel passato.

Nell’annesso convento francescano, del 1453, vi è una cappella che custodisce un piccolo museo di quadri ex voto. La galleria è stata restaurata nel 1991 in occasione dei 700 anni del Santaurio. Il tesoro della chiesa è stato sistemato in una sala entro bacheche in vetro. Candelabri, aspersori, gioielli, crocefissi preziosi, gli antichi “moretti” (il tipico gioiello di Fiume) raccontano secoli di devozione alla Madonna di Tersatto. Grazie alla disponibilità dei frati questi tesori sono visibili al pubblico.

 

Dalla rocca su cui è sito il Castello di Tersatto, si domina uno splendido panorama, a trecentosessanta gradi, della città di Fiume, il Quarnero, il Monte Maggiore, il corso del fiume. Per la sua posizione strategica fu più volte distrutto.

I benefici effetti della pace di Costanza del 1183 portano alla creazione del comune. Di fatto Fiume si governava secondo gli aviti diritti della tradizione, tramandata sino ad allora da padre in figlio, da generazione in generazione; questa tradizione, fondata su importanti principi di libertà fu messa sulla carta nel 1530 e sancita con patente sovrana dall’imperatore asburgico Ferdinando I.

Il rapporto con l'Ungheria

Nel 1719 fu dichiarata porto franco e collegata da una strada con l’Ungheria, di cui divenne il porto. Nel 1779 fu annessa dall’imperatrice Maria Teresa alla corona ungherese quale corpo separato e terzo fattore della corona di Santo Stefano. Posizione privilegiata per cui la città diventa di fatto uno Stato nello Stato. Tanto che gli stessi imperatori, quando vogliono modificare la legge di successione al trono d’Austria, devono chiedere ed ottenere anche il consenso della piccola città.

Il periodo teresiano segna un momento di vera floridezza per Fiume. La popolazione, verso la fine dell’Ottocento, era arrivata a 7000 anime, aumento dovuto all’apertura del porto franco e di nuove grandi vie di comunicazione.

Sorgono le prime fabbriche, i cantieri, le scuole: nasce una nuova città e vengono demolite le antiche mura. Dal 1809 al 1813, Fiume registra il breve dominio francese. Nel 1813 viene bombardata dagli inglesi. Lo stesso anno il generale austriaco Latterman cacciava i francesi dalle province illiriche e la città veniva occupata dal generale austriaco Nugent. Nella città subentra un governo militare provvisorio.

 

Corpo separato, governo provvisorio sono terminologie ricorrenti nella sua storia che le imprimono velocità nello sviluppo politico ma anche civile, economico e soprattutto culturale che la portano a scelte mature e moderne.

 

Nel 1848 la città viene occupata dalle truppe croate. Inizia un periodo difficile durante il quale Fiume rivendica con forza i suoi diritti nazionali ed amministrativi. Chiamata ad eleggere i propri deputati nella Dieta di Zagabria, risponde collocando nelle urne 1200 schede con la scritta “nessuno”.

Fiume chiede la libera unione all’Ungheria. Ottenuto questo diritto vive alcuni anni (a partire dal 1867) di pace. Nel 1872 viene approvato lo “Statuto della libera città di Fiume e del suo distretto”. Ed è questa una delle pagine più importanti della storia della città che ne determinò lo spirito particolare:il comune era rappresentato da 56 consiglieri con a capo il podestà. Cinquanta per la città e sei per i sottocumini… La città di Fiume mandava un deputato al parlamento ungherese. Fiume aveva il suo stemma:  sul fondo rosso dello scudo campeggia con le ali spiegate un’aquila bicipite, sopra la quale sta una corona principesca adorna di nastri frangiati svolazzanti. L’aquila poggia l’artiglio destro su una roccia, il sinistro sopra un’urna, dalla quale sgorga una fonte perenne che fluisce a un bacino. Sopra un nastro sottostante sta il motto di Fiume: Indeficienter.

Fiume diventa “porto franco” nel 1719 e da qui inizia, praticamente, la crescita economica della città. Un secolo dopo, infatti, conta 65 manifatture, 20 grandi aziende, 22 squeri, 130 velieri di lungo corso. Negli anni Settanta del XIX secolo, è dopo Trieste (ancora una volta questa storia delle due città che si sdoppia), il porto più attivo dell’Adriatico. La seconda metà di quel secolo è in realtà il periodo più intenso e più vivace della storia di Fiume. I progetti per la costruzione di un nuovo porto – che non sia più la foce del fiume – vengono messi a punto nel ventennio 1848-1868 e successivamente realizzati sotto lo stimolo del capitale ungherese che ha in Fiume l’unico sbocco al mare.

La città raccontata dai suoi palazzi

Insieme al porto nascono moderni cantieri navali, compagnie di navigazione, una pilatura del riso, una raffineria di olii minerali, una manifattura tabacchi, industrie metalmeccaniche ed altre fabbriche. Nel 1850 viene costruito a Fiume il veliero “Splendido” col quale il navigatore dalmata Giovanni Visin compie il giro del mondo in otto anni.

Nasce a Fiume, nelle industrie Whitehead, inventata dal fiumano Giovanni Luppis nel 1864, la micidiale arma del siluro. Salcher riesce a fotografare la traiettoria di un proiettile servendosi della tecnologia all’avanguardia e degli esperti del silurificio.

Ecco spiegata l’imponenza dei suoi palazzi. Mi accorgo del loro magnetismo, ogni particolare ora mi appare diverso, tutto ha una sua ragione d’essere. Voglio godermela passo passo questa città.

Inizio dalla Chiesa dei cappuccini che sovrasta quella che poteva essere una delle più belle piazze di Fiume: delimitata oggi da una grigia entrata nel porto, soffocata dalla stazione degli autobus, dal distributore di benzina. Comunque è una piazza che merita una sosta, per la chiesa dei Cappuccini, per il neobarocco di Palazzo Ploech e per  il palazzone della Direzione delle Ferrovie in stile secessione. La Chiesa dei Cappuccini non è mai stata ultimata. I lavori iniziarono nel 1904, diretti dall’ingegnere fiumano Giovanni Maria Curet. La parte inferiore venne terminata  quattro anni dopo, quella superiore nel 1929. Colpisce l’alternarsi dei due colori del manto esterno, il rosso caldo del cotto e il bianco della pietra. Sempre nella stessa piazza, troviamo Palazzo Ploech, una delle trenta architetture fiumane del, guarda caso, triestino Giacomo Zammattio che lavorò per le più ricche famiglie del luogo. Il Palazzo è maestoso con una ricca e varia decorazione plastica culminante nella cupola barocca di gusto viennese.

Procedendo verso la riva s’incrocia Palazzo Adria che prende il nome dalla omonima società armatoriale. Costruito nel 1897 s’impone con la sua facciata monumentale a simboleggiare la potenza marittima della città. L’opera si deve all’architetto Francesco Mattiassi, mentre le decorazioni sono dello scultore Sebastiano Bonomi.

Di fronte a Palazzo Adria, un altro edificio di grandi proporzioni: il palazzo del Governo Regio Marittimo costruito nel 1884 dall’architetto Giuseppe Hubert.

Dalle rive ripieghiamo verso Piazza Togliatti dove inizia il Corso lastricato qualche anno fa con granito rosa e abbellito con due file di lampioni. Ma la nostra scoperta del centro città si sposta su una via ancora più interna, la via Dolac dove troviamo la Scuola Elementare Maschile sede oggi di una delle elementari e del Liceo italiano di Fiume.

Il palazzo, stile rinascimento fiorentino, costruito nel 1888, si deve a Giacomo Zammattio che firma quasi tutte le case di questa via. Edificato su palafitte in una zona di bonifica, come gran parte dei palazzi costruiti “fuori” dalle antiche mura, presenta problemi di statica. La via termina con l’edificio della Biblioteca scientifica, del 1887, nato come scuola elementare femminile ispirato a edifici dell’alto rinascimento. Oggi ospita appunto la biblioteca scientifica e la prestigiosa Galleria Moderna dove si organizzano le mostre più importanti in questa regione. Da ricordare la Biennale di disegno e quella dei giovani, fiore all’occhiello dell’attività artistica della città.

Dall’altra parte della piazza, procedendo in direzione sud ci si immette in un’altra piazza con il Palazzo del Municipiovoluto dal podestà fiumano Giovanni Ciotta. La sua costruzione ebbe inizio nel 1873 e a progettarlo fu un giovane architetto, il dott. Filiberto Bazarig. Al centro della piazza è stata eretta nel XVI secolo, la Colonna di pietra, quale segno di gratitudine all’imperatore austriaco per aver difeso la città da Venezia. Nella stessa piazza si erge la Chiesa di San Girolamo che era parte integrante del convento degli Agostiniani.

L’edificio di Radio Fiume, dalla piazza del Municipio si  estende fino al Corso dove si affaccia con una balconata sorretta da colonnato. In stile biedermajer, risale al 1848 su progetto del l’architetto  Antonio Deseppi.

Lungo il Corso s’affacciano altri palazzi importanti: il più noto è l’Edificio dell’Associazione Filodrammatica fiumanadi Giacomo Zammattio inaugurato nel 1890.

Superata la Torre Civica si entra nel cuore della Cittavecchia, anche detta Gomila dai fiumani e che i più vecchi distinguevano tra Gomila e Marsecia. L’etimologia del nome, come al solito, è incerta. Oggi di  quell’intrico di straducole sghembe, balconi, volti, portici, loggette, esiste ben poco: le case sono state demolite, altre sono sorte a cancellare, com’è nel destino di questa città, la storia precedente. Rimane l’Arco romano,  il più vecchio monumento esistente a Fiume, l’entrata alla pretura. In Piazza Kobler anche il vecchio Palazzo Municipale centro della vita comunale dal 1532 al 1838. In questa piazza aveva sede inoltre la Borsa, c’era il mercato, si svolgeva il commercio e la vita politica.

Non lontana dall’Arco Romano, sorge la piccola Chiesa di San Sebastiano, della fine del XIII secolo, eretta come voto contro la peste. Oggi qui vengono officiate le messe in lingua italiana per i fedeli fiumani.

Da Piazza Kobler salendo la Calle Ca’ d’Oro s’incontra la rotonda Chiesa di San Vito  di un barocchetto garbato voluta dai Gesuiti e la cui costruzione durò un secolo. E’ l’unica chiesa “rotonda” in tutta la regione, e uno dei pochi, rari, monumenti autentici, d’epoca. Sull’altare maggiore c’è un antico e venerato crocefisso, il cui costato, secondo la leggenda, sanguinò quando un giocatore di dadi, perseguitato dalla sfortuna, gli scagliò contro un sasso. Secondo una vecchia cronaca, il sacrilego sarebbe stato inghiottito dalla terra, da cui sarebbe rimasto sporgente solo il braccio. I lavori di costruzione della chiesa iniziarono nel 1638. Con un solo spazio interno, sormontato da cupola, ricorda, per certi aspetti, la veneziana Santa Maria della Salute.

Posta più a sud è la Chiesa di Santa Maria Assunta (il Duomo). Costruita nel primo Medioevo sulle rovine romane. Poco discoste dalla chiesa, infatti, troviamo ciò che rimane delle antiche Mura Civiche, che vennero demolite nel XVIII secolo con decreto dell’imperatore Giuseppe II, perché d’intralcio allo sviluppo urbanistico.

La chiesa ha subìto diversi rifacimenti. La facciata, come la vediamo oggi, risale al 1824. Il campanile, che fa parte della struttura della chiesa, è del 1377. Secondo misurazioni e calcoli statici, risulta che il campanile penda di 40 cm circa. I fiumani lo chiamano infatti Torre pendente.

Dal Duomo, procedendo  verso il mare, si costeggia il Canal Morto, l’antico corso del fiume, poi deviato per ragioni economico-politiche. Si arriva così in vista del Teatro “Ivan Zajc” (ex Giuseppe Verdi). Inaugurato nel 1885 segna anche l’istallazione a Fiume dell’illuminazione a corrente elettrica. Il progetto del teatro si deve all’atellier viennese Fellner e Helmer, specializzato  nella costruzione di teatri. Di fronte al teatro, il Mercato centrale, due edifici che si rincorrono in senso longitudinale. La combinazione degli stili rendono preziosi questi monumenti: secessione e romanico. La decorazione plastica è dovuta al noto scultore venziano Urbano Bottasso. Pe la costruzione dei padiglioni, è stata impiegata una tecnica, considerata ai tempi rivoluzionaria, in acciaio e vetro.

Di fronte al mercato, uno dei palazzi più interessanti di Fiume, Palazzo Modello, costruito nel 1885 come edificio della Cassa di Risparmio fiumana. La costruzione è di stile tardo-storico in combinazione a ricchi elementi ornamentali presi dal repertorio tardo-rinascimentale e tardo-barocco. L’edificio è stato progettato dagli architetti Fellner e Helmer che hanno realizzato a Fiume un esempio d’architettura tipico della metropoli austriaca. Oggi Palazzo Modello è sede della Comunità degli Italiani di Fiume ma anche dell’Unione degli Italiani, ovvero la massima istituzione degli italiani che vivono oggi in Slovenia e Croazia.

La loro realtà istituzionale è costituita dalle scuole, i mass media, il teatro in lingua italiana…e un popolo che di censimento in censimento vede assottigliarsi le sue fila. “Non è stato facile – mi hanno spiegato – rimanere italiani nelle nostre terre in questi difficili cinquant’anni dall’esodo. Una sorta di caparbietà, di malcelato amor proprio, di motti d’orgoglio, di rabbia repressa ci hanno supportati ed hanno motivato le scelte di un piccolo popolo sparso su un vasto territorio. L’aiuto dell’Italia è stato prezioso ma il futuro rimane incerto…”

Avverto la loro paura di rimanere soli, o almeno in pochi a proporre i valori di una cultura di millenni di storia: un compito arduo al quale attendono con rara dedizione, quasi fosse una missione. Ho voglia di fermarmi a riflettere.

 

Passo davanti alla Chiesa Parrocchiale Ortodossa di San Nicola e punto verso il Palazzo del Governatore, sede e residenza dal 1893 del  governatore di Fiume.

Segnata dalle guerre mondiali

La storia riprende a fluire, raccontata da questa città, con forza e pudore nello stesso tempo, quasi impaurita dall’ardire che l’ha segnata.

Rammento, infatti, di aver letto che alla fine della prima Guerra mondiale scoppiò la cosiddetta questione di Fiume, provocata dalla mancata annessione della città all’Italia. Nel 1915 il Patto di Londra l’aveva attribuita alla Croazia. I contrasti sorti con le truppe che occuparono la città e le reazioni patriottiche e nazionalistiche che ne conseguirono culminarono nell’occupazione della città da parte di Gabriele D’Annunzio nel 1919 e la proclamazione dello stato indipendente denominato “Reggenza italiana del Carnaro”, comprendente la città di Fiume e le isole di Arbe e Veglia.

Ma l’Italia non volle appoggiare D’Annunzio che dichiarò guerra al suo Paese, la nave da guerra “Andrea Doria” si portò a 800 metri dalla riva e con alcune granate colpì il palazzo del Governatore. Il poeta rimase ferito e gridò “O vigliacchi d’Italia, sono tuttora vivo ed implacabile”.

Il trattato di Rapallo, del 1920 costituì Fiume in Stato libero e nel 1924 con il trattato di Roma Fiume fu riconosciuta ufficialmente all’Italia, ma rimase una città-confine con la Jugoslavia, la frontiera correva lungo il corso del fiume che separava Fiume da Sussak. E all’Italia rimase unita fino al 1945.

“In tutto questo tempo non aveva mai smesso il suo ruolo di città aperta a qualsiasi novità e influenza. Dopo la seconda guerra mondiale, diventa jugoslava ma, intimamente, rimane fedele alla vocazione di sempre…”. Così me l’avevano descritta alcuni autorevoli figli di questa terra.

In una poesia Osvaldo Ramous, personaggio che con Vegliani, Santarcangeli e Morovich  è una delle voci più autorevoli della letteratura di quest’area, ebbene Ramous la chiama Città mia e non mia…. che mi allaccia, m’inganna e mi consuma/ e ormai non vive che nelle parole mie e dei pochi che mi rassomigliano/ veterani di fughe mancate. Oppure in un altro verso della poesia “Il suolo ch’io calco” egli scrive… Odore d’esilio di una terra/ che m’ha cresciuto e sempre m’abbandona/ con le sue foglie chine/ alla pioggia fatale…

Quest’immagine di Fiume tanto amata ma che non si concede a nessuno la ritroviamo anche in Morovich. Un mare che per navigarci ci voleva il passaporto – ricorda lo scrittore in un poemetto “Cronache vicine e lontane”. Una città che si esauriva nell’asfalto delle sue strade e piazze perché oltre era già terra di confine. Fiume è porto: città di arrivi e di partenze che non avvengono solo sulle sue rive.

Oltre il fiume e alle sue spalle

Il cimitero di Cosala

Il cimitero di Cosala merita senz’altro una visita per la sua posizione, ma soprattutto per i tesori d’arte ivi racchiusi. Costruito nel 1838 è percorso da una lunga fila di cipressi che ne segnano i percorsi. Il tempietto d’ingresso porta sull’altare la statua di S. Michele. Lungo i viali le tombe più belle volute dalle famiglie più in vista di Fiume, dai podestà, ai consoli, dai medici, ai capitani. Segnate da un forte degrado, questi monumenti sono stati più volte al centro di polemiche con le autorità comunali che non erano in grado di tutelare il patrimonio artistico e storico del cimitero. Si sono costituiti dei comitati, composti da fiumani residenti e esuli, per la salvaguardia del cimitero e analisi sono state avviate per lo studio e il censimento dei monumenti.

 

I palazzi oltre il fiume

Passati i ponti sulla Fiumara (Rjecina) si arriva a Sussak, che fu per tutta la prima parte del nostro secolo, la parte croata della città del Quarnero, zona di confine, in effetti un sobborgo della città stessa. La sua origine è recente. Il governatore di Fiume, Urmeny, volle costruire nel 1883 nella baia di Martinscica, un moderno lazzaretto per il periodo di quarantena. Dal lazzaretto di San Francesco e sino a dove si conclude la via Carolina in Piramide, nel 1883 viene aperta la strada Dorothea la cui costruzione dà il via alla nascita della parte orientale di Fiume. Sussak, si sviluppa in città moderna molto diversa da Fiume.  Ai lati della lunga serpentina che si sviluppa per due chilometri e mezzo, il Boulevard, vengono costruite ville sistemate liberamente in parchi e giardini: una novità nella progettazione urbanistica. Anche lungo la strada Dorothea, in direzione di Pecine, alla fine del secolo vengono costruite belle ville e pensioni che preannunciano la futura zona balneare e turistica. Oggi, questa realtà, soffocata dallo sviluppo urbanistico – verso la montagna sono sorti i moderni quartieri della città, tutti vetro e cemento – e dall’attività del porto e dei cantieri, rimane quale testimonianza di un fiorente passato. Le spiagge, accessibili, non soddisfano le necessità di una popolazione sempre più numerosa che si riversa quindi nelle zone ad oriente di Sussak.

 

Vie di comunicazione

Collegata con Zagabria dalla via ferroviaria (che si dirama anche verso la Slovenia), da anni ambisce alla costruzione di una moderna autostrada sia verso la capitale croata (ne sono stati realizzati solo pochi chilometri alle spalle della città) che verso Trieste (dista 60 km circa). Per Fiume, passa infatti, tutto il traffico diretto alla costa dalmata proveniente da tutta Europa. Dal 1981 è unita all’Istria dalla strada attraverso il traforo del Monte Maggiore che ha sostituito l’unica arteria esistente fino a quella data, che costeggiava il Quarnero toccando le località di Abbazia, Laurana e Moschiena, riservata oggi alle esigenze del turismo di questa zona.

La città ha anche degli aeroporti: l’internazionale sull’isola di Veglia e un aeroporto sportivo nella piana di Grobnico che fu anche il primo di Fiume.

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