Franco Vegliani


Franco-Vegliani

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Note biografiche

Il padre, Silvio Sincovich, era un magistrato, dapprima pretore e in seguito Consigliere di Corte d'appello, e mutò il cognome in Vegliani negli anni Trenta, costretto da una disposizione che interdiva gli uffici pubblici a chi avesse un cognome ritenuto non italiano.

Nato a Trieste nel 1915 come cittadino austro-ungarico, e diventato italiano a partire dalla fine della Prima guerra mondiale, Franco Vegliani è cresciuto nelle diverse località in cui il padre aveva di volta in volta i suoi incarichi: l'isola di Veglia, Abbazia e Fiume, fino all'inizio della Seconda guerra mondiale.

Ha combattuto sul fronte dell'Africa settentrionale, trascorrendo poi quattro anni di prigionia in Egitto. Negli anni della sua lunga prigionia in Egitto ha maturato la sua esperienza narrativa, dando vita all’opera “Due racconti”. Dalla fine della guerra ha vissuto a Milano, esercitando la professione di giornalista.

Dal punto di vista letterario, ha esordito nel 1935 con “Saggio su Ugo Betti”. In seguito, ha pubblicato Malaparte (1957), un'ampia biografia di Curzio Malaparte di cui era stato collega a "Tempo" e di cui aveva raccolto le confidenze negli ultimi mesi di vita.

Nel 1958 ha pubblicato il suo primo romanzo “Processo a Volosca”, a cui sono seguiti “La frontiera” (1964), “La carta coperta” (1972), e postumo “Lettere in morte di Cristiano Bess”. La morte lo ha colto nel 1982.

Note critiche

Nel primo volume di racconti “Un uomo del tempo” (1940) emerge l’attenzione dello scrittore per le implicazioni e le sfumature psicologiche della relazione con le origini e le alterne vicende dei confini, attraverso delle prose che prefigurano il paesaggio e l’umanità dei successivi romanzi: le isole dalmate, la guerra e l’esilio.

Nel “Processo a Volosca” si narra la vicenda del procedimento per omicidio tenuto, nell’anteguerra, a carico di quattro giovani, tre slavi e un italiano. Il confronto tra il narratore, di condizione borghese, e gli imputati, di umili origini, tra le istituzioni e la realtà umana che le sfugge e le contraddice, è il fulcro del romanzo, che rivela una crisi etica eversiva dei codici tramandati e il fallimento di quella colpevole innocenza sinonima di passiva accettazione dell’ordine tramandato. Riferendosi al Processo a Volosca, Claudio Magris (1982) ha scritto che Vegliani è stato “autore di uno dei libri più belli della letteratura triestina del dopoguerra”.

Nel romanzo “La frontiera”, l’idea di frontiera si precisa nel racconto parallelo di un alfiere  dell’esercito austroungarico, scomparso nel corso di un’azione militare in pieno fronte, e di un giovane ufficiale italiano nel 1941. Per entrambi, l’esperienza del conflitto e della insospettata divergenza delle linee tracciate da una demarcazione geografica e umana controversa rivela la fragilità delle definizioni e la scabrosità di un confine che si riverbera nella quotidianità delle scelte ed è somma di confini che la coscienza valica o elude. Da questo libro è stato tratto l'omonimo film diretto da Franco Giraldi, che ha tra i protagonisti Raul Bova, Claudia Pandolfi, Omero Antonutti e Marco Leonardi (1996) ed è stato proiettato al festival di Venezia. Nel 1996 fu anche rappresentata la versione teatrale ad opera di Ghigo de Chiara da parte del Dramma Italiano di Fiume in collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia.

La “carta coperta” porta a compimento gli altri due romanzi con il racconto della “frattura” del narratore dai luoghi della nascita e della fine dell’indifferenza che ha lungamente sopperito ad ogni rischioso richiamo all’identità negata. Al narratore, giudice istruttore in una città di provincia, è affidato il caso di un giovane jugoslavo accusato d’omicidio e scampato d’oltreconfine, dallo stesso paese del giudice. La  spontanea relazione instaurata da questi con l’indiziato è però contraddetta dalla discrepanza dei tempi e delle esperienze storiche: con riferimento all’esodo dei giuliano-dalmati, a conclusione della seconda guerra mondiale, il protagonista deve distinguere la sua vicenda da quella collettiva.

I romanzi di Vegliani, recuperando eventi e regioni decaduti dalla memoria nazionale, suggeriscono una riflessione storica sul processo di formazione di nazioni e culture nella regione giuliana, sino ai suoi estremi riflessi sui destini individuali. Diversamente da altri autori di quest’area. Vegliani non è stato propriamente un esule, se non a posteriori, rientrato in Italia a conflitto già concluso e ceduta la sua città d’elezione, Fiume, alla Jugoslavia. La sua relazione con le origini, istaurata mediante la letteratura, si ricostruisce, in assenza di un’esperienza tragica e diretta, sulla ricomposizione interiore delle rappresentazioni e dei conflitti del suo confine.

Note critiche ispirate a “L’origine altra. Inquietudine e identità nella narrativa di Franco Vegliani”, di Patrizia C. Hansen in “La Battana”, 97-98, 1990.

Bibliografia

  • Saggio su Ugo Betti, Fiume, Termini, 1937
  • Un uomo del tempo, Istituto Tipografico Tiberino, Roma 1941
  • Malaparte, Daria Guarnati, Milano 1957
  • Processo a Volosca, Daria Guarnati, Milano 1958; Sellerio, Palermo 1989
  • La frontiera, Ceschina, Milano 1964; Sellerio, Palermo 1988
  • Nonni e nipoti: storia degli industriali italiani, Milano, Successo, 1972
  • La carta coperta, Palazzi, Milano 1972
  • Lettere in morte di Cristiano Bess, Stamperia Bianca e Volta, Milano 1986 (in 100 copie numerate)
  • Due racconti, in “Il banco di lettura” 4, 1989

Libri

La carta coperta
La carta coperta
Processo a Volosca
La frontiera
Processo a Volosca
Processo a Volosca

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